lunedì 27 maggio 2019

"È solo la lingua che fa eguali": attualità dell'esperienza della Scuola di Barbiana raccontate in "Lettere a una professoressa".

La comunicazione è alla base della vita quotidiana di tutti, ora più che mai, e il linguaggio è lo strumento attraverso il quale essa può avvenire.
Per sostenere un dialogo sereno servono delle basi comuni e si può fare una scelta o avere un'opinione solo comprendendo le opinioni altrui.
Viene spesso detto che le parole possono essere più forti delle armi, ma per esserlo è necessaria la loro conoscenza, così come la capacità di usarle.
Il voler comunicare in sé non rende possibile la comunicazione,  ma è necessario un punto di incontro, un modo di relazionarsi capibile ed utilizzabile da tutti i soggetti coinvolti, rappresentato dalla parola.
La lingua è necessaria per una vita consapevole e vissuta al pieno delle proprie possibilità; infatti ritengo che solo comprendendo pienamente l'importanza del saper comunicare si può farlo sfruttando ogni opportunità per essere strumento di utilità per tutti.

                                                                                     Michela, II Liceo Scientifico



mercoledì 15 maggio 2019

L'ira di Achille e Agamennone, la mia ira oggi. "Iliade", I, vv.148-192

Secondo me, l'ira è un'emozione a cui non dovrebbero dare ascolto né la persona che la prova, né chi ne è vittima.
Durante i momenti di rabbia assoluta, spesso accade di ferire amici e familiari, pronunciando parole che realmente non pensiamo.
Credo che per evitare tali possibilità si debba indirizzare l'ira in altre azioni, oppure riflettere sulle ragioni che l'hanno provocata, che spesso sono di scarsa importanza.
Bisogna evitare di agire d'impulso, cercando di affrontare la situazione con serenità.
L'ira è momentanea, mentre l'amore e il rispetto per le persone care  sono per sempre.
     
                                                                                   Marco, I liceo linguistico

L'ira di Achille...la mia ira oggi. "Iliade", libro I, vv. 327-359

Ricordo molto chiaramente l'ultima volta in cui mi sono arrabbiato!
Mi era appena stata comunicata la notizia della malattia; erano molti i sentimenti che navigavano nella mia mente come barche in tempesta.
Sicuramente la rabbia prevaleva sugli altri. Era una rabbia insolita, che non avevo mai provato, contro il mondo intero, senza limiti, perché la mia vita era stata sconvolta e io ero impotente contro un nemico invisibile.
Avevo voglia di gridare a tutti che non era giusto!
Ricordo che, a un certo punto, la rabbia e la tristezza si sono fuse in un unico sentimento che è sfociato nel pianto. Un pianto che solo i miei genitori sono riusciti a consolare.
È come dopo ogni tempesta torna il sole, piano piano, queste forti emozioni negative se ne sono andate e sono state sostituite da pensieri felici, anche grazie all'ambiente amorevole trovato in ospedale, alla famiglia, agli amici.
L'ira, nelle persone violente, può portare ad atti estremi che feriscono profondamente altre persone.
Ferire non significa solo picchiare. Gli insulti possono provocare ferite gravi che non sempre riescono a guarire.

                                                               

L'opera inizia con l'attacco di un drago al principe Tamino che per lo spavento sviene. È così soccorso dalle tre dame della regina della notte che gli mostrano un ritratto di Pamina, la figlia della regina, rapita dal malvagio Sarastro.
Il giovane se ne innamora e giura di salvare la fanciulla. All'udire le parole del principe, la regina fa la sua comparsa trionfale e lamenta il suo dolore per la perdita della figlia.
L'ira e la collera della regina si rivolgono agli dei. In questi versi ella esprime al massimo il suo odio verso Sarastro e, con la sua acuta voce da soprano, mostra tutta la sua rabbia verso il nemico.

                                                                    Leonardo, I liceo delle Scienze Umane

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